domenica 24 giugno 2007

Il petrarchismo: un fenomeno «insincero»

di Emiliano Alessandroni

Chi scrive deve certamente porre ogni attenzione
al fine di ottenere eleganza di linguaggio e schivarne
la rozzezza; ma se vuole essere sicuro di piacere sempre
e davvero, deve badare al pensiero: se questo sarà retto,
vero e nobile, non troverà difficoltà ad essere espresso
con la grazia adeguata, e sarà proprio questa
semplicità a renderlo caro a chi l'ascolta.
(Francesco Petrarca)

Analizzando il capitolo di Tomasi, Petrarchismo spirituale, dell'Antologia Lirici europei del cinquecento (Bur 2004), a saltare immediatamente all'occhio è il carattere rigorosamente teologico delle poesie prese in esame. Se innegabile risulta infatti lo sforzo di ricalcare il modello petrarchesco sul piano stilistico, viceversa, su quello contenutistico assistiamo ad un vero e proprio spostamento semantico che sostituisce l'adorazione per Laura con quella per Dio, rifocalizzando in tal modo lo sguardo dalla sfera terrestre a quella celeste.
L'intera problematizzazione dei principi religiosi messa in piedi dal Petrarca con Il Canzoniere e le altre opere latine si dissolve oramai nel nulla, così come perde quasi completamente di valore quella significativa accusa che Agostino muove a Francesco nel Secretum biasimandolo di aver in certo qual modo relativizzato l'amore per Dio, giungendo ad amare Quello in quanto fautore di Laura e non invece Laura quale sua creatura .
Se col Petrarca abbiamo un ripristino dei valori terreni (riabilitazione del lavoro intellettuale e artistico, desiderio dell'uomo di realizzare le proprie virtualità personali, incertezze intorno ai grandi ordini provvidenziali e consapevolezza sempre maggiore del tragico destino dell'uomo, celebrazione della civitas romana quale esempio storico di vittoria dell'uomo sui vizi e i mali del mondo ecc.) questi stessi valori con il petrarchismo vengono inesorabilmente messi al bando. Di qui il carattere moderno del Petrarca e quello conservatore dei suoi imitatori.
Col petrarchismo assistiamo ad un'operazione di ri-ideologizzazione del Petrarca: questi viene cioè preso e riadattato alle proprie vedute ideologiche e di classe.
Al di là della «minuziosa opera di riconversione in chiave devozionale proposta da Malipiero col Petrarca spirituale»1, nella quale appare evidente questo tentativo di ri-ideologizzazione della materia petrarchesca,



... e 'l viso di pietosi color' farsi, ...e 'l viso uman tutto divino farsi
non so se vero o falso, mi parea: con sembianti mirabili parea,
i' che l'ésca amorosa al petto avea, quando su al ciel Maria il viaggio avea
qual meraviglia se di subito arsi?2 con gli angeli, d'amor quasi tutti arsi.3


la centralizzazione della tematica teologica è altresì riscontrabile nella Colonna, tutta «volta al Signor»4, in Michelangelo ("Vorrei voler, Signor, quel ch'io non voglio"), in Paolo Crivelli (Padre, se membri le mie antiche offese,/giustamente non puoi se non dannarmi, ma se la grazia tua vorrà salvarmi,/in Cristo son tutte le mie difese), in Luca Contile, nella Battiferri, in Girolamo Muzio ecc.
A che cosa può far pensare questo cambiamento in materia di contenuto dal Petrarca al petrarchismo?
Nei Quaderni del carcere Gramsci parla di «insincerità» del «fenomeno cinquecentesco del petrarchismo»: esso, ci dice l'intellettuale sardo, «è un fenomeno puramente cartaceo, perchè i sentimenti da cui era nata la poesia del dolce stil novo e del Petrarca stesso non dominano più la vita pubblica, come non domina più la borghesia comunale, ricacciata nei suoi fondachi e nelle sue manifatture in decadenza. Politicamente domina una aristocrazia in gran parte di parvenus, raccolta nelle corte dei signori e protetta dalle compagnie di ventura: essa produce la cultura del '500 e aiuta le parti, ma politicamente è limitata e finisce sotto il dominio straniero».5
In effetti quel contesto storico-sociale nel quale si trova a comporre il Petrarca e che indubbiamente ispira le sue opere, è completamente scomparso nel Rinascimento. Certo, ciò che interessa rilevare a Gramsci è il carattere inesorabilmente reazionario del petrarchismo, ma questo non lo fa cadere in errore quando marchia tale movimento come «un fenomeno puramente cartaceo»: quel clima da dentro il quale il Petrarca ha sfornato il suo Canzoniere è ormai lontano anni luce nel Rinascimento; se il Petrarca risente ancora degli ultimi spiragli di vento provenienti dall'ascesa della borghesia comunale, e come tale incarna il passaggio da questa alla "restaurazione", tutt'altro clima abbiamo invece nel cinquecento, dove l'aristocrazia ha ormai debellato da tempo la folata duecentesca e ripristinato l'aura conservatrice.
Il fenomeno del petrarchismo risulterebbe dunque un alcunché di forzato, non spontaneo, e in certo qual modo "insincero" e «puramente cartaceo».
Tali considerazioni, emergono implicitamente anche in un altro autore, quanto mai da Gramsci lontano, proprio del Rinascimento: nell'apertura al suo Libro del cortegiano, il Castiglione ci regala degli spunti interessanti intorno al fenomeno del petrarchismo che lo pongono in contrasto diretto col Bembo:

... mandovi questo libro come un ritratto di pittura della corte d'Urbino, non di mano di Raffaello o Michel Angelo, ma di pittor ignobile e che solamente sappia tirarele linee principali, senza adornar la verità de vaghi colori o far parer per arte di prospettiva quello che non è....Ma perché talor gli omini tanto si dilettano di riprendere, che riprendono ancor quello che non merita riprensione, ad alcuni che mi biasimano perch'io non ho imitato il Boccaccio, né mi sono obbligato alla consuetudine di arlare il toscano d'oggidì, non restarò di dire che, ancor che 'l Boccaccio fusse di gentil ingegno, secondo quei tempi, e che in nessuna parte scrivesse con discrezione ed industria, nientedimeno assai meglio scrisse quando si lassò guidar solamente dall'ingegno e istinto suo naturale, senz'altro studio o cura di limare i scritti suoi, che quando con diligenzia e fatica si sforzò d'esser più culto e castigato.6

Appare, anche dalle riflessioni autoapologetiche del Castiglione, il carattere forzato e non spontaneo del petrarchismo. Donde la trasposizione contenutistica dalla materia terrestre a quella celeste.
E tuttavia, come ci ricorda Gramsci parafrasando Vittorio Rossi, «ogni lingua è una concezione del mondo integrale, e non solo un vestito che faccia indifferentemente da forma ogni contenuto».7 E così avviene il paradosso: il petrarchismo viene superato non già dagli anti-petrarchisti ( Berni, Folengo, Aretino ecc.) ma dai petrarchisti stessi che non seppero mantener fede al proprio credo travisandone la rigorosità dei dettami.
In un autore come lo stesso Michelangelo finiamo per trovare infatti l'utilizzo di termini come squarciare, sicuramente più danteschi che petrarcheschi,8 o il contrasto tra speme e desio (manca la speme, e pur cresce il desio)9 che rimanda al quarto canto dell'Inferno (Per tai difetti, non per altro rio , /semo perduti, e sol di tanto offesi / che sanza speme vivemo in disio) o altri espedienti letterari tipicamente personali come il verbo caparrare (c'anzi morte caparri etterna vita).10
Numerosi dantismi sono riscontrabili anche in Girolamo Muzio come l'espressione valle inferna, più volte da lui utilizzata, che rimanda direttamente al primo canto del Purgatorio (Chi v'ha guidati, o che vi fu lucerna, / uscendo fuor de la profonda notte / che sempre nera fa la valle inferna?) oppure l'espressione se 'l tuo dritto vedere in te s'interna che richiama il verso sessanta del diciannovesimo canto del Paradiso: com' occhio per lo mare, entro s'interna.
Il petrarchismo dunque si è, in certo qual modo, disgregato dal proprio interno e causa principale ne è stata il suo carattere forzato e insincero.
Si capisce quindi, al di là delle sue vedute politiche, perché un intellettuale arguto come Gramsci intravedesse nel petrarchismo un fenomeno «puramente cartaceo».

1 F. Tomasi, "Petrarchismo spirituale", in A.A.V.V., 2004, p. 613
2 Petrarca, 1964, p. 123
3 cfr. n. 1, pp. 613-614
4 Ivi, p. 616
5 Gramsci, 2001, p. 649
6 Castiglione, 1965, p. 2
7 Gramsci, 2001, pp. 644-645
8 Cfr. n. 1, p. 622
9 Ivi, p. 624
10Ivi

Bibliografia:

- A.A.V.V.: "Lirici europei del Cinquecento", Bur 2004
- Francesco Petrarca: "Il Canzoniere", Einaudi 1964
- Antonio Gramsci: "Quaderni del carcere", Einaudi 2001
- Baldassar Castiglione: "Il libro del Cortegiano", Einaudi 1965
- Dante Alighieri: "La Commedia", Bompiani 1994